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Autunno: la prova

9. Dopo la campanella rifletto un po’ sulla campana

Dopo aver ripetuto tante volte questo esperimento, però, alla fine mi è venuta voglia di valutarlo con criteri più rigorosi. Gli scopi didattici che mi riprometto di raggiungere con questa introduzione degli studenti ad una metrologia rigorosa, in effetti, sono due:

1. dimostrare che esiste sempre una regola alla quale è possibile ricondurre anche il caso più incerto;

2. mostrare come è possibile ricavare dal caso, grazie alla regola, qualche certezza.

Il primo scopo è qualitativo – quindi niente formule e calcoli – eppure devo toccare con mano, ogni volta, quanto sia arduo raggiungerlo, perché è molto facile persuadere le ignare menti studentesche che le misurazioni della lunghezza del listello scaturiscono progressivamente a caso dalle loro risposte, ma è una fatica micidiale convincere quelle stesse menti ritrose che è una – e una sola – la regola che governa quel caso.

Quando questo primo scoglio viene superato, allora è abbastanza facile ottenere anche il secondo risultato, che è di natura quantitativa, e che passa per una dimostrazione sul campo del fatto che il valore medio delle varie misurazioni eseguite, alla lunga, tende a coincidere con il valore più frequente.

La regola in questione, come ho già accennato, non è altro che una distribuzione statistica che non presento agli studenti come funzione – la già nominata funzione di Gauss – perché ciò sarebbe certamente rigoroso ma anche piuttosto ostico per molti quattordicenni. Suggerisco perciò la regola come forma tipica e ripetitiva di un istogramma che si manifesta sempre diverso, eppure sempre uguale. Io ritengo che la cosa più importante sia sicuramente quest’ultima idea, profonda e contraria al senso comune. La curva di Gauss, dopotutto, per me resta un’illuminante astrazione matematica, un faro abbastanza potente per orientare la rotta, ma non abbastanza intenso per gettare luce sulla costa.

Detto questo, però, mi domando se l’istogramma al quale gli studenti attribuiscono, sia pure con molte perplessità, una tipica forma a campana ricalca effettivamente la funzione di Gauss.

Questo grafico riporta l’istogramma di ben 2054 misurazioni effettuate dagli studenti nel periodo 1994-2005. La linea continua rappresenta l’ideale distribuzione gaussiana calcolata relativamente al valore medio di tutte le misurazioni eseguite (13,4 così) e alla corrispondente deviazione standard (3,1 così). Non c’è bisogno di eseguire verifiche quantitative per riconoscere che la distribuzione delle misurazioni eseguite dagli studenti si adatta solo molto approssimativamente alla distribuzione ideale.

In effetti, appare chiaro che le misurazioni sono state soggette a forti condizionamenti psicologici: in particolare, i valori 10, 15 e 20 sono esagerati, rispetto a quelli adiacenti. È curioso, per esempio, che il valore 20 è stato scelto ben 66 volte, contro le 14 volte del valore 19. Questa anomalia si può spiegare facilmente con l’inclinazione di molti studenti ad arrotondare più o meno grossolanamente la misura alla decina, alla quindicina e alla ventina. Quando ciò accade io faccio sempre la stessa domanda discriminante:

‒ Venti o una ventina?

e allora il carattere degli studenti salta fuori in maniera evidente.

‒ Venti – rispondono quelli dinoccolati, senza smettere di guardarsi distrattamente intorno, magari senza nemmeno capire la differenza.

Ma ci sono anche quelli che ricontano pazientemente, riportando con gli occhi lo spezzone sul listello, e poi sentenziano:

‒ Venti.

Oppure ci sono quelli che dicono:

‒ Diciannove – ma poi tentennano – No, aspetti… posso ricontare?

Certo che puoi.

‒ Diciotto.

Devo ammettere che l’esperimento di misura a senso non è stato messo a punto con lo scrupolo necessario. D’altra parte, quando l’ho svolto per la prima volta non immaginavo che lo avrei ripetuto per tanti anni e che sarebbe diventato l’esperimento di battesimo del laboratorio.

In realtà gli esperimenti all’inizio erano due: uno per la lunghezza e uno per il peso. Quest’ultimo consisteva nell’appendere ad una mano dello studente un peso incognito e all’altra una serie più o meno numerosa di pesetti calibrati. Quando lo studente riteneva che i pesi applicati alle mani fossero uguali io contavo il numero di pesetti e lo registravo. Questo secondo esperimento diede risultati piuttosto deludenti, credo soprattutto perché era molto più laborioso del primo e induceva negli studenti un’ansia esagerata, perciò lo abbandonai presto. Mi concentrai allora solo sul primo esperimento ma, anno dopo anno, mi accorsi di quanti accorgimenti avrei dovuto prendere da principio per normalizzare il processo di misurazione al fine di rendere i risultati più confrontabili.

Inoltre, nel corso degli anni sono stati numerosi i colleghi che mi hanno affiancato nella raccolta dei dati e questa varietà, in assenza di un preciso protocollo di raccolta, ha contribuito sicuramente a rendere ancora più aleatori i risultati. Insomma, devo riconoscere che la distribuzione delle 2054 misurazioni del listello eseguite da altrettanti studenti della mia scuola nel corso degli anni non segue una distribuzione di Gauss, ovvero una distribuzione normale, forse perché io non sono stato abbastanza scrupoloso nell’esecuzione o forse semplicemente perché quella distribuzione non potrebbe essere normale, anche se l’esecuzione venisse scrupolosamente normata.

Poco male. Quello che conta, in definitiva, è che dopo oltre duemila misurazioni – molte delle quali buttate lì a caso – il listello risulta lungo in media proprio 13 così (decimali a parte) che è proprio quello che si ottiene mediante una misurazione diretta. A me sembra un buon risultato.

Quanto alla distribuzione normale se ne riparlerà in terza, quando ripeterò un esperimento analogo, ma con una tecnica più sofisticata e soprattutto più controllata..