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Primavera: la maturità

34. Ancora lasagne

La misura dell’accelerazione di gravità (vedi lista degli esperimenti) è uno di quegli esperimenti che, secondo me, tutti coloro che in qualche modo hanno a che fare con la fisica dovrebbero eseguire, e nella maniera più diretta. Tutte queste persone, infatti – studenti, professori, ingegneri – sono abituate a mettere, senza neanche pensarci sopra un istante, quel famoso 9,8 nei calcoli che svolgono.

Non voglio insinuare che essi lo facciano senza sapere quello che fanno (per quanto riguarda gli studenti, alle volte, bisogna ammettere anche questo), però resta il fatto che, quando è stato metabolizzato fra le cognizioni di base della fisica, quel mitico 9,8 diventa una specie di numero magico, capace, per esempio, di trasmutare la massa in peso e viceversa, oppure di tenere insieme due grandezze così maledettamente diverse come la pressione e la densità (vedi Lasagne a scuola).

‒ Ma quando un corpo cade per terra – mi domando – esso veramente cade acquistando 9,8 metri al secondo di velocità per ogni secondo che passa?

Se mi cade la tazzina del caffè sul pavimento essa si frantuma in mille pezzi (tralascio gli effetti della caduta sul caffè), quindi è evidente che per ridursi in quel modo andava molto forte quando ha sbattuto contro il pavimento.

‒ È naturale, stava accelerando con una accelerazione di 9,8 metri al secondo quadrato – afferma senza esitare il fisico.

‒ Ma come faceva ad accelerare tanto se mi è caduta solo da ottanta centimetri? – ribatte l’ingenuo, e non ha tutti i torti, dopotutto.

Questa storia è ricalcata sulla barzelletta della signora fermata dal vigile per eccesso di velocità che Richard Feynman racconta in una delle sue lectures quando incomincia a parlare del concetto di velocità.

Al punto in cui la signora in automobile è fermata da un vigile, il vigile le si avvicina e le dice: “Signora, lei stava andando a 60 miglia all’ora!”. Essa risponde: “È impossibile, sto viaggiando da sette minuti soltanto”.

Verificare di persona con un esperimento diretto qual è l’accelerazione con la quale gli oggetti cadono per terra (attrito permettendo) non è una cosa così stupefacente come rivelare la forza che produce quell’effetto (Ma allora è vero!) tuttavia è pur sempre un risultato interessante.

Fiducioso pertanto nella curiosità che questo esperimento susciterà fra gli studenti, che voglio immaginare ansiosi di verificare che il valore dell’accelerazione di gravità sia proprio 9,8 m/s2, come riportato sul libro di testo, mi accingo ad illustrare quella parte dell’apparecchiatura di cui si ho già parlato a proposito della legge di Stevino (vedi il doppio gravimetro denominato lasagna).

lasagna, come già detto, è un pomposo e grottesco acronimo che sta per Linear Accelerator and Stevin Apparatus for Gravitation Numerical Ascertainment. In verità il Linear Accelerator altro non è che un tubo diritto in plastica trasparente disposto in verticale e dentro il quale può cadere liberamente un bussolotto di plastica.

A fianco del bussolotto si possono notare due piccoli cilindri di metallo: si tratta di due magneti alle terre rare che hanno la particolarità di produrre un campo magnetico particolarmente intenso e che sono incassati nel bussolotto, alla distanza di 10 centimetri. Particolarmente intenso significa che le studentesse, di solito, non riescono a separarli quando essi sono venuti a contatto. In effetti, ci vuole proprio una discreta forza per eseguire questa operazione, e gli studenti maschi, nella fase preliminare dell’esperimento, si producono a gara in varie manifestazioni di forza per dimostrare al pubblico femminile la propria virilità.

Questo genere di manifestazioni assomiglia un po’ alle verifiche che il prestigiatore incoraggia a fare sul materiale con cui produrrà il proprio numero per convincere il pubblico che non verrà fatto ricorso al alcun trucco e tantomeno ad alcun inganno.

Va da sé che, di norma, questa è la fase più divertente dell’esperimento, ovvero quella in cui riesco a stanare anche gli studenti più apatici, e quindi cerco di non farne mai a meno. In genere, questa fase viene rapidamente interrotta quando gli studenti si accorgono che avvicinando i magneti in prossimità di qualche tessuto molle (polpastrelli, gomiti, guance) questi si attaccano gagliardamente, producendo un pizzicotto. Questa nuova scoperta adombra all’istante la precedente competizione virile e mi costringe a passare subito alla fase operativa dell’esperimento per evitare che l’aula si trasformi in una piccola arena.

L’esperimento, in sé, è di una disarmante semplicità: si tratta di lasciare cadere liberamente il bussolotto dentro il tubo, e questo è tutto. Attorno al tubo, tuttavia, sono disposte due bobine elettriche gemelle di 4 000 spire ciascuna, collegate in serie ad un sistema di acquisizione dei dati.

Quando il bussolotto cade nel tubo i magneti che esso alloggia inducono in sequenza nelle due bobine una forza elettromotrice il cui andamento nel tempo può essere registrato dal sistema di acquisizione dei dati, a condizione che la frequenza di campionamento sia sufficientemente elevata, vale a dire almeno 10 000 hertz.

Come si può notare, nella figura sono riportati i valori di sei istanti particolari, selezionati dal sistema di acquisizione dei dati fra i 20 000 raccolti. Essi corrispondono ad altrettante posizioni raggiunte dal bussolotto nel corso della rapida caduta e opportunamente elaborati permettono di determinare con sufficiente precisione il valore locale dell’accelerazione di gravità.

Devo accennare al fatto che svolgo questo esperimento nella terza classe, quando gli studenti non hanno ancora la minima idea corretta riguardo ai fenomeni elettrici, che sono in programma nella quinta classe. Tuttavia questa è una difficoltà abbastanza marginale, dal momento che essi non mostrano di trovarsi in difficoltà all’idea che una calamita possa influenzare un circuito elettrico inerte, trasformandolo momentaneamente in una batteria dal funzionamento, per così dire, impulsivo.

Semmai, potrebbe essere vero il contrario, ovvero: una maggiore consapevolezza del fenomeno dell’induzione elettromagnetica potrebbe far sorgere qualche dubbio sul fatto che la forza elettromotrice indotta, generata dal passaggio del bussolotto in corrispondenza della bobina elettrica, non interferisca con il fenomeno.

‒ A spese di quale energia – potrebbe chiedere qualche studente sagace – viene generata l’energia elettrica?

È evidente che essa scaturisce grazie al moto del bussolotto; ma allora questo moto non può più essere considerato un moto di caduta libera, il che vanifica il presupposto dell’esperimento. L’energia potenziale del bussolotto, in altre parole, non viene convertita interamente in energia cinetica, bensì viene trasformata – in una certa misura – anche in energia elettrica.

Fortunatamente si tratta di una quantità assolutamente irrilevante, molto inferiore a quella dissipata dall’attrito con l’aria. La ragione di ciò sta nel fatto che il circuito di ingresso del sistema di acquisizione dei dati possiede una impedenza elevatissima, e pertanto la generazione della forza elettromotrice avviene, in pratica, senza conseguente passaggio di corrente e quindi con una dissipazione di energia trascurabile.

Due anni dopo l’esecuzione di questo esperimento, tuttavia, mi piace mostrare un esperimento qualitativo – altrettanto semplice nell’esecuzione quanto sbalorditivo nell’effetto – che ricorda questo esperimento (Il circo Faraday), sebbene non abbia nulla a che vedere con l’accelerazione di gravità. Considero questo esperimento qualitativo un completamento teorico della spiegazione necessariamente difettosa del principio di funzionamento della lasagna sul lato elettromagnetico.

La cosa straordinaria è che, inaspettatamente, qualche studente ricorda questa misura dell’accelerazione di gravità svolta sfruttando il principio dell’induzione elettromagnetica e si spinge addirittura a fare qualche giudiziosa domanda che due anni prima non avrebbe assolutamente potuto fare. Da non credere.