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Primavera: la maturità

40. Riscrivere l’equazione di stato dei gas ideali

I fisici amano molto i gas, non altrettanto i liquidi. Una volta lo dissi alla mia collega fisica la quale confessò candidamente:

‒ È vero, i liquidi li lasciamo agli ingegneri.

La rivalità fra fisici e ingegneri è una vecchia storia, che ho avuto modo di sperimentare sulla mia pelle in maniera piuttosto dolorosa. Per fortuna, però, la questione non è così drammatica come vorrebbe qualcuno, e viene limitata di solito a punzecchiature, aneddoti, barzellette. La scuola, che è un meraviglioso vivaio di persone competenti nelle più svariate discipline, è il luogo ideale per studiare la catena circolare delle diffidenze reciproche.

Il primo anello della catena è costituito dai matematici, preoccupati più della forma che della sostanza. Vengono poi i fisici, molto interessati invece alla sostanza, ma a condizione che non diventi una questione troppo prosaica. In questo caso, infatti, essi la lasciano volentieri agli ingegneri, che sono più pratici e concreti, ma non come gli architetti ai quali, invece, importa più di ogni altra cosa della forma, ma in modi che spesso fanno storcere il naso ai matematici. E con questo la catena è chiusa.

Io che non sono né matematico, né fisico, né ingegnere e neppure architetto, mi diverto un mondo a prenderli in giro tutti quanti, ben consapevole del fatto che lo scopo comune è sorridere tutti assieme intorno a quello che, prima di tutto, è un luogo comune. L’ambiente di lavoro scolastico ha il grande pregio di essere poco competitivo e quindi è facile scherzare sulla propria professionalità, sempre che sussista il sufficiente senso dell’umorismo.

Ad ogni modo, è vero che ai fisici interessano molto i gas, base della termodinamica, e poco i liquidi. La costante universale dei gas è presente in qualsiasi manuale di fisica, non così il numero di Reynolds, croce e delizia di tutta la fluidodinamica. I gas dunque sono un argomento importante nel corso di Laboratorio di fisica e di chimica, e restano naturalmente un argomento notevole in quello di Fisica e laboratorio.

Vi dedico due esperimenti nel primo corso. Il primo è un esperimento reale: la legge di Boyle; il secondo è un esperimento simulato (Esperimenti reali, esperimenti simulati).

Nel secondo corso faccio tendenzialmente la stessa cosa: un esperimento reale, la legge di Gay-Lussac a volume costante, e un esperimento simulato sul modello cinetico dei gas, che è quello di cui mi accingo a parlare (vedi in generale la lista degli esperimenti).

Se c’era una cosa che mi stava sullo stomaco, quando ero studente all’istituto tecnico, questa era proprio l’equazione di stato dei gas ideali. Non saprei spiegare la ragione; forse non c’era una vera e propria ragione. Conservo soltanto nella memoria l’immagine del professore di fisica che si affanna davanti alla lavagna intorno a noiosi problemi sui gas.

Era un tipo serio, indossava sempre un completo a righe e portava i lunghi capelli composti e tirati all’indietro fino alla nuca. Ricordo anche che aveva una dentatura massiccia. Non avevo paura di lui, però mi intimidiva, e soprattutto non riusciva a farmi amare la fisica. E i gas in particolare.

Ebbene, se c’è un argomento che mi ha indotto successivamente a dedicare un mucchio di tempo per scrivere del software su uno specifico argomento didattico, questo argomento è proprio l’equazione di stato dei gas ideali. Per questo fatto, invece, credo di avere una spiegazione, che è la seguente: scrivere software mi ha appassionato fin dal primo istante in cui ho messo le mani su un computer, e quando mi sono reso conto che potevo provare a scrivere una passabile simulazione del modello cinetico dei gas per tentare di studiarne le caratteristiche con gli studenti, allora l’argomento ha cominciato a solleticarmi, e a più riprese ci ho lavorato per parecchi anni.

Il primo risultato presentabile è stata l’applicazione di cui ho parlato nel paragrafo Esperimenti reali, esperimenti simulati.

Quell’applicazione, però, era scritta con un sistema di sviluppo molto scenografico ma assai poco efficiente. Come ho già spiegato, infatti, quando il numero delle biglie raggiunge anche soltanto la ventina il computer le addormenta, facendole muovere con lentezza esasperante. Ho riscritto perciò quell’applicazione con un sistema più efficiente, e adesso è necessario superare le duecento particelle prima che il computer le mandi in letargo.

Questa è la schermata di avvio all'istante zero. 180 particelle sono disseminate a caso nella camera, e ciascuna di esse rientra in una delle 12 classi di velocità predisposte: da 0,1 pixel/tic fino a 1,2 pixel/tic. (per le unità di misura si veda Esperimenti reali, esperimenti simulati) La distribuzione delle velocità è riconoscibile nel grafico omonimo, posto nella parte bassa della finestra, e per le condizioni poste si presenta come una serie di colonne di altezza costante.

Le quattro successive immagini mostrano l'evoluzione del sistema agli istanti (ooops, volevo dire ai tic): 2 569, 2 781, 3 717 e 10 627. Si può notare che sorprendentemente, ma solo in apparenza, le velocità delle particelle virtuali che urtano contro le pareti del contenitore e fra di esse, si modificano in accordo alla distribuzione prevista nel 1866 da James Clerk Maxwell e da Ludwig Boltzmann.

Quale che sia il numero di particelle, il loro raggio, la loro velocità iniziale, dopo qualche centinaio di tic la distribuzione delle velocità converge invariabilmente verso la forma mostrata, che approssima più che decentemente la funzione P(v) della distribuzione citata, ovvero:

dove v è la velocità quadratica media delle particelle, T è la temperatura assoluta del gas, M è la sua massa molare ed R è la costante universale dei gas.

Quest'ultima costante è il perno della famosa equazione di stato dei gas ideali, per venire all'argomento principale di questo paragrafo, della quale ambivo a eseguire una verifica. Io però volevo provare a riscriverla con grandezze meccaniche, in accordo con l’ipotesi cinetica, e poi sottoporre il modello matematico alla verifica di una simulazione.

A livello macroscopico, come è noto, l'equazione di stato dei gas ideali, coinvolge le grandezze pressione p, volume V, temperatura assoluta T e quantità di sostanza n in questa relazione:

dove R rappresenta la costante universale dei gas, già vista a proposito della distribuzione delle velocità e vale 8,31 J/mol·K.

A livello microscopico, cioè in accordo con la teoria cinetica dei gas, questa equazione equivale alla seguente:

dove U rappresenta il numero degli urti realizzati dalle particelle contro le pareti del contenitore nell’intervallo di tempo Δt, N è il numero di particelle, v è la loro velocità quadratica media ed L rappresenta il lato del del quadrato nella simulazione a due dimensioni.

Ometto qui la dimostrazione di questa equivalenza ‒ niente affatto evidente ‒ perché si trova nel secondo esempio di relazione svolta (Carambola gassosa).

Io trovo assai attraente in quest'ultima equazione che la costante è priva di dimensioni. Insomma, eseguendo le opportune sostituzioni delle grandezze termodinamiche con le grandezze meccaniche ci si imbatte in un risultato davvero inatteso: alleggerita da quel greve 8,31 J/mol·K e priva della massa delle particelle l’equazione di stato dei gas ideali si trasforma in un lieve e silenzioso balletto geometrico diretto da una frazione di π.

Ho eseguito numerosi esperimenti con le classi e il risultato è sempre stato in discreto accordo con il valore atteso. Il rapporto si è mantenuto costante, anche modificando il lato del quadrato, il numero delle particelle, la loro velocità quadratica media. Purtroppo, però, risultava sempre più grande di π/3 con uno scarto relativo di circa il 10%, una discordanza che non mi sapevo spiegare.

Il problema naturalmente impensieriva più me che gli studenti, i quali sono molto più urtati dall’idea di geometrizzare un gas in uno spazio astratto. Ma per fortuna, al comprensibile scetticismo iniziale subentra, quasi per tutti, una ragionata persuasione.

Ciò che li lascia molto perplessi, invece, e spesso senza rimedio, è la certezza statistica del risultato, alla quale dopotutto sono già abituati dalla prima classe, quando hanno dovuto eseguire le ormai lontane misure a senso del listello di legno.

Se gli studenti eseguono la simulazione combinando in un certo modo i parametri dell’equazione sostitutiva ottengono un valore abbastanza vicino a π/3; quando ripetono l’esperimento impiegando un’altra combinazione dei parametri, o addirittura con la stessa combinazione della prova precedente, trovano sempre un valore abbastanza vicino a π/3, ma mai identico al precedente, e così per tutte le prove successive.

Restano allora sconcertati, non tanto perché il valore ottenuto si discosta dal valore atteso, dato che questa è una ingenuità dalla quale sono stati vaccinati da un bel pezzo; li meraviglia che ciò avvenga durante una simulazione al computer. Non ignorano che la macchina genera dei numeri casuali per scegliere le posizioni e le velocità iniziali delle particelle: tutti lo scrivono con diligenza nelle loro brave relazioni. Ma quando si va a leggere le osservazioni finali ci si imbatte in uno stupore sincero per il fatto che un esperimento fatto a macchina venga imperfetto esattamente come un esperimento fatto a mano.

Neppure quando ho finalmente scoperto l'inghippo connesso al fatto che il valore ottenuto era regolarmente maggiore del valore atteso, segnale di un errore sistematico, sono riuscito a convincerli tutti.

Un giorno mi sono detto: ma vuoi vedere che il raggio delle particelle influenza sensibilmente e sistematicamente il risultato? Allora ho svolto una serie di esperimenti con un numero costante di particelle, ma di raggio crescente, introdotte in un contenitore di lato costante.

Eccome, se lo influenzano. Il grafico non lascia dubbi. Con un raggio di 12 pixel il valore della costante è quasi 2,5: altro che π/3. Invece con un raggio di 2 pixel (il più usato durante gli esperimenti) il risultato migliora sensibilmente. E con un raggio che tende a zero? La polinomiale che compare nel grafico non lascia dubbi: 1,0433 che corrisponde a uno scarto relativo pari allo 0,37%. Bingo!

Gli studenti ascoltano assennatamente questa spiegazione, la capiscono e la fanno propria. Bisogna dire che qualcuno addirittura arriva a intuirla: con un raggio di 12 pixel una particella posta in un contenitore di lato 400 pixel occupa da sola lo 0,28% dell'intero volume; con 50 particelle siamo al 14%: altro che teoria cinetica dei gas!

Insomma, il discorso sullo scarto relativo lo capiscono, quella sull'incertezza sperimentale non lo voglio accettare, perché non si capacitano che una macchina possa fornire risultati spuri, ma non per questo meno corretti.

‒ Se faccio due più due sulla calcolatrice ‒ obietta qualcuno ‒ viene sempre quattro. Mica una volta 3,9 e un'altra volta 4,1. Giusto?

Abbastanza. È difficile spiegare che più le macchine ci somiglieranno, più saranno imprevedibili.